| Vittoria Coen - I guerrieri e il volo Sono evidenti, nelle opere di Salvatore Amelio, almeno due costanti fondamentali a cui l'artista non intende fino ad ora rinunciare. Una di esse è la ricerca della plasticità, che va di pari passo con quella sulla bidimensione; questa dà forza all'accurata elaborazione dei particolari, all'attenzione dedicata allo scavo nella compattezza dei materiali. L'altra è la predilezione per il soggetto "elevato". C’è sempre la motivazione che definirei "nobile": nobile quasi sempre il materiale, e l'uso che ne viene fatto, nobile ancora il riferimento, con una costante compostezza di forme e di linee che non viene abbandonata nemmeno quando, nelle opere pittoriche, la scomposizione giustificherebbe qualche voluta durezza e qualche angolosità. I soggetti cari alla scultura classica offrono, d'altra parte, risorse preziose, da un Guerriero al Galata morente, per lente e appena precettibili modificazioni, i toni si alleggeriscono, la compattezza si attenua, si aprono possibilità nuove allo spazio interno. La figurazione perde qualche cosa, il gioco della moltiplicazione delle forme acquista rilievo fino a consentire soluzioni astratte di una voluta non significanza. Nello stesso tempo, pur avendo seguito uno slancio che potrebbe portare chissà dove, ogni cosa torna a ricomporsi in armonia. Si direbbe che il Cosmos, del 1990, non venga tradito, anche quando tutto si complica. L'omaggio a valori compositivi collaudati, forte e chiaro in talune opere, si attenua fino a scomparire in certi slittamenti: dall'idea del guerriero, del centauro, extrastorica in sé, ma riconoscibile nelle vesti in cui viene calata senza ombra di realismo, si scivola verso assonanze formali, con una sorta di metamorfosi in tempo reale, resa possibile e forse addirittura preparata da quel gran germinare, germogliare, da quella vitalità naturale che è presente con le sue implicazioni già nelle opere scultoriche più compatte. Avrebbe forse potuto Amelio lasciarsi andare a visioni fantasticheggianti: il cavaliere, la meditazione, il non esserci di fatto, nelle situazioni, il trascendentale nella consueta nozione metafisica, sarebbero temi ideali per rivisitazioni colte. La cultura, però, qui non ha prevaricato; la fantasia non è diventata -appunto -fantasticheria. Hanno prevalso interessi e curiosità per gli sviluppi che la ricerca formale poteva avere, e ora sappiamo quello che dieci anni fa avremmo solo potuto supporre, con molti dubbi. Sappiamo, cioè, che l'artista Ë rimasto fedele ad un suo piano iniziale, tra una possibile fissità, o staticità, che la ripetizione emblematica avrebbe potuto suscitare, e un accentuarsi del principio della metamorfosi, implicito già nei volumi sinuosi delle sculture a tutto pieno e sostenuto dal movimento accennato. Sono rimaste le campiture nette, la chiarezza dei contorni, l'esigenza di un equilibrio complessivo che viene sempre riconquistato anche quando certi slanci spingono le forme in direzioni eccentriche. C'erano stati avvolgimenti, nastri attorcigliati quasi su se stessi, nelle sculture curvilinee di qualche anno fa, e la forte propensione alla dimensione volumetrica è rimasta nei lavori più recenti '. I corpi di Enea ed Anchise, avviluppati in un gruppo inscindibile, si sono trasformati in un'entità che del racconto virgiliano conserva tutto il senso affettivo e alla prediletta plasticità resta contemporaneamente fedele. Questa tangibilità è evidente anche negli olii, giocata in buona parte su variazioni cromatiche complesse, che, soprattutto oggi, tendono a raffreddarsi in una pulsione verso il monocromo. Le forme così perentorie si lanciano, per così dire, fuori dal quadro, come se volessero recuperare la libertà dell'ambiente aperto. Il Guerriero del .193 aveva acquisito un elemento di novità, allora, nella pennellata rossa, sebbene la nota di colore fosse già presente in Evoluzione dell'89. Ovunque è una sorta di presa di posizione emergente dalla voluta, struggente complessità del rito legato all'oggetto, o soggetto, che dir si voglia. Allora il volo, simbolo di libertà e di apertura, insieme alla forza di un combattimento che attinge dal mito o dalla storia, si uniscono in uno slancio generale. Nelle linee di Salvatore Amelio non c'è una predominante unica, ma la ricerca di un equilibrio, che Ë poi quello tra l'idea e la sua realizzazione. I segnali sono inconfondibili, ed anche i tempi di realizzazione dell'opera ne sono prova. E' come se il lavoro facesse parte di un'unica composizione, con quella sorta di "fissazione" che è condizione indispensabile per l'approfondimento della ricerca. Slancio, gesto, colore, volumi, tutto concorre al risultato finale. Il soggetto è assoluto protagonista dell'azione che si svolge, non c'è paesaggio, non ci sono quinte scenografiche, ma solo uno sfondo che è la materia da cui si libera la forma. C’è quindi un'energia che si sprigiona, quella stessa che suggerisce il gesto dei condottieri di Amelio, che indicano, "giurano fedeltà" pronti al combattimento.
| |